3 metafore per la tua crescita personale

  • Tempo di lettura:12 minuti di lettura
  • Categoria dell'articolo:Cambiare vita
  • Ultima modifica dell'articolo:5 Maggio 2023
  • Commenti dell'articolo:0 commenti
metafore per la crescita personale
Picture of di Antonio Martone

di Antonio Martone

Le metafore hanno una capacità espressiva e una versatilità che riescono con chiarezza a insegnarci dei principi che, il più delle volte, mille giri di parole non riuscirebbero a fare.

Nella crescita personale spesso vengono utilizzate per rimarcare alcuni concetti fondamentali; e il web, i social e quant’altro ne sono pieni.

Ma oggi in questo articolo ti propongo tre metafore che celano degli insegnamenti davvero molto importanti per il raggiungimento dei tuoi obiettivi e/o il tuo percorso di crescita.

In un precedente articolo ti ho parlato della “metafora della carrozza“, una bellissima allegoria che ci impartisce una lezione importante: lo stato di addormentamento delle nostre coscienze.

Quelle che seguono, invece, sono tre metafore che mi hanno fatto riflettere su quei principi e quei valori che bisogna coltivare per ottenere il meglio da questa vita.

Bando alle ciance, buona lettura…

1. Il mendicante errante

Mi sono imbattuto in questa metafora leggendo uno dei libri di Anthony De Mello, Messaggio per un pesciolino che ha sempre sete, e trovo che abbia un significato davvero molto profondo e utile per aspirare al cambiamento.

È la storia di una persona che, avendo raggiunto l’illuminazione, capisce che il mondo intero è la sua casa e il cielo il suo tetto. In India viene definito sannyasi.

Un giorno un uomo incontra il saggio sannyasi: “Non ci posso credere”.
Il sannyasi gli chiede: “Che cosa non puoi credere?”.

L’altro risponde: “La scorsa notte mi sei apparso. Ho sognato che il dio Vishnu mi diceva: <<Domani mattina lascerai il villaggio verso le undici e incontrerai quel sannyasi errante>>. Ed ecco, così è stato”.

“Che cos’altro ti ha detto il dio Vishnu?”.

“Queste parole: << Se quell’uomo ti darà una pietra preziosa sarai l’uomo più ricco del mondo>>. Mi daresti quella pietra?”.

Allora il sannyasi dice: “Aspetta un momento”. Comincia a rovistare nella sua sacca e poi gli chiede: “È questa la pietra di cui parli?”.

L’uomo non crede ai suoi occhi, perché era un diamante, il diamante più grande del mondo.

Prende la pietra in mano e chiede: “Potrei averla??”.

L’altro gli risponde: “Certo. L’ho trovata in una foresta. Tienila pure”.

Si allontana e va a sedersi sotto un albero nei dintorni del villaggio, mentre il giovane prende il diamante. Potete immaginare quanto fosse felice.

L’uomo, una volta ottenuto il diamante, invece di tornare a casa, si siede sotto un albero e rimane lì tutto il giorno, immerso nei suoi pensieri. Verso sera, va nel luogo in cui si trova il sannyasi, gli restituisce la pietra preziosa e gli chiede:

“Potresti farmi un favore?”.

“Che cosa?”, gli risponde l’altro.

“Puoi darmi la ricchezza che fa in modo che tu riesca a privarti di questo diamante così facilmente?”.

una delle metafore è quella del mendicante errante

Cosa ci insegna questa metafora?

Che il vero male di oggi è l’attaccamento.

Abbiamo la falsa credenza che le cose o le persone possono renderci felici.

La vera felicità non deve essere legata a fatti, cose o persone, non può. Se chiediamo all’illuminato perché è felice, questi ci risponde: “Perché no?”

Se releghiamo la nostra felicità ad una cosa e poi perdiamo questa cosa, anche la nostra felicità andrà persa. E questo non deve accadere. 

Quando bramiamo il possesso, in realtà siamo letteralmente sotto il controllo dell’oggetto desiderato.

Oggi viviamo nell’epoca dell’attaccamento e dell’ostentazione, facendoci fregare continuamente dal giudizio altrui.

Sì perché il giudizio degli altri è un’altra forma di attaccamento di cui dovremmo liberarci.

E lo spiegano molto bene Kishimi e Koga nel libro che ho recensito, Il coraggio di non piacere.

Quando si è dipendenti dall’approvazione degli altri, letteralmente diamo il consenso affinché si possa interferire nel nostro cammino. Si finisce per vivere una vita che non ci appartiene.

La vera ricchezza non sta nel possedere o nell’essere approvati, la vera ricchezza è essere felici senza il bisogno di attaccamento, avendo il coraggio di vivere la propria vita senza paura di subire il giudizio degli altri.

La metafora dell'aragosta

Questa è una delle metafore forse più conosciute, grazie anche alla diffusione di un video del dr. Abraham Twerski

L’aragosta è un crostaceo che ha la peculiarità di avere un guscio esterno rigido (detto esoscheletro) che serve per proteggere gli organi e l’animale stesso. 

A differenza degli animali con queste caratteristiche, noi essere umani abbiamo un endoscheletro, cioè una sorta di impalcatura interna dove originano e si inseriscono i nostri muscoli. 

Mentre il nostro endoscheletro cresce insieme alle altre strutture del nostro corpo, per l’aragosta la “questione” non è così semplice.

Gli organi crescono all’interno di questo guscio rigido che, prima o poi, diventerà un ostacolo per l’aragosta. 

È qui che il gioco si fa duro per il povero crostaceo e permette al dr. Twerski di ricavarne un’analogia con la nostra crescita personale.

Mentre era dal dentista, il dr. Twerski vide un articolo dal titolo “Come crescono le aragoste” e, incuriosito inizia a leggerlo.

L’aragosta ha un corpo molle che cresce all’interno di un guscio che, invece, non si espande. E da qui la domanda: “Come cresce l’aragosta?”.

Arriva un momento, nella vita dell’aragosta, che quel guscio diventa veramente limitante ed è come si sentisse sotto pressione e a disagio.

Così l’aragosta va sotto una roccia per proteggersi dai pesci predatori, si toglie il guscio e ne produce uno nuovo. 

Col passar del tempo anche quel guscio diventerà limitante, così l’aragosta torna sotto una roccia e ripete questo processo numerose volte.

Lo stimolo che spinge l’aragosta a crescere è che si sente a disagio.

metafora dell'aragosta

Cosa ci insegna questa metafora?

Che lo stress (e non il di-stress) ci spinge a crescere.

Il dr. Twerski continua:

Ora, se le aragoste avessero dei dottori, non crescerebbero mai perché appena si sentirebbero a disagio andrebbero da loro per avere una pillola per sentirsi bene.

Senza mai liberarsi del proprio guscio.

Quindi credo che dovremmo capire che i momenti di stress sono anche segnali per crescere.

Se usiamo le avversità correttamente, possiamo crescere con esse.

Quindi non ti spaventare davanti ad un ostacolo, prova a trovare la soluzione. Se sul tuo cammino è apparso quel muro, significa che devi trovare la forza, il coraggio e la determinazione per superarlo.

In questo modo hai l’opportunità di imparare dai tuoi errori e/o dalle situazioni più stressanti che ti permetteranno di fare quel passo avanti.

È nel momento della vulnerabilità (quando siamo senza guscio) che cresciamo veramente.

I due alberi

Un’altra delle metafore più diffuse nel web è, senza ombra di dubbio, la metafora dei due alberi.

C’era una volta un ragazzino di circa dieci anni, molto astuto e intelligente per la sua età.

Un giorno va a visitare il nonno con un’idea specifica in mente: voleva avere successo nella vita ed era disposto a qualsiasi cosa pur di ottenerlo.

Suo nonno, infatti, era stato una persona di successo e quindi doveva essere a conoscenza di qualche segreto che gli avrebbe certamente confidato.

Quindi gli chiese: “Quando sarò grande voglio avere molto successo, proprio come te. Puoi darmi qualche consiglio per raggiungere questo obiettivo?

Il nonno non disse nulla, prese il nipote per la mano e lo condusse nel vivaio dove aveva acquistato le piante per il suo giardino. Quindi gli chiese di scegliere due alberi.

Una volta tornati a casa, trapiantarono gli alberi. Uno lo misero in giardino mentre l’altro in un vaso dentro casa.

“Quale dei due alberi crescerà meglio?”, gli chiese il nonno.

Il ragazzo, dopo averci pensato su per qualche minuto gli risponde: “L’albero nel vaso, perché è all’interno della casa, protetto e sicuro. Quello in giardino dovrà affrontare la pioggia, il sole, il vento e avrà maggiori difficoltà per crescere e forse potrebbe anche morire.

Il nonno si strinse nelle spalle e non disse nulla.

Passarono gli anni, mentre il nonno premuroso curava entrambi gli alberi. Un giorno, il nipote, ormai diventato un uomo, ricordò la domanda che gli aveva posto anni addietro.

Il nonno lo portò a vedere entrambi gli alberi e gli chiese: “Quale dei due è cresciuto di più?”.

Il nipote guardò perplesso la scena davanti a sé e, secondo le sue convinzioni, la cosa non poteva avere senso.

“Come è possibile che l’albero nel vaso, al sicuro in casa, non è cresciuto di più?”.

“L’opzione più sicura ti permette di sopravvivere, ma non di avere successo e vivere pienamente. Invece, i pericoli si trasformano sempre in sfide che stimolano la crescita. Solo avendo il coraggio di rischiare, scoprirai il tuo vero potenziale”.

Cosa ci insegna questa metafora?

Che bisogna lasciare la propria zona di confort e affrontare gli ostacoli e le incertezze che la vita ci propone di continuo.

Proteggerti sotto la famosa campana di vetro non ti farà arrivare lontano. Al pari della metafora dell’aragosta, anche questa ci insegna che è nell’avversità, nel disagio, è sotto stress che diamo il meglio.

Sono le sfide maggiori che ci stimolano a fare di più e meglio.

Riuscire a sfruttare e a cogliere le opportunità anche nelle situazioni più difficili, è ciò che rende una persona di successo.

E quando riusciamo a prendere il buono anche nella disperazione, è lì che la nostra autostima riceve un’impennata straordinaria.

Sì perché, ricordiamolo, dopo la tempesta c’è sempre il sereno. Quel momento in cui, raccolti i pezzi, ci accorgiamo dell’enorme passo avanti che ci sposta dal pantano per proseguire verso il nostro cammino.

Conclusioni

Ti ho voluto parlare di queste tre metafore perché sono convinto che il successo, la crescita e la realizzazione di sé stessi passino per questi tre concetti fondamentali.

Essere liberi dal potere che le cose e le persone spesso esercitano su di noi; considerare lo stress non come un nemico da combattere, ma come uno stimolo per migliorarsi; sfruttare le avversità per muoverci da quella condizione di immobilità per farci avanzare nella giusta direzione.


E tu invece sei legato/a a qualche metafora in particolare? Fammelo sapere nei commenti.

Grazie e al prossimo articolo.

Antonio M.

CONDIVIDI

Lascia un commento